SHARON FERRARI

Gli inguaribili romantici

La spensieratezza dei mie quindici anni è qualcosa che so di non poter riavere. Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire tutte quelle quelle emozioni fatte di sguardi rubati, sorrisi imbarazzati, abbracci mai troppo lunghi. Ricordo la serenità e quella sensazione di invincibilità che mi pervadeva, la vita fatta di nuvole di zucchero e quelle canzoni strappalacrime di Avril Lavigne ascoltate la mattina andando a scuola.
Penso agli amici dell'estate, a quelli con cui uscivo per parlare del nulla che ora non saluto più, penso alle emozioni che ho condiviso e mi chiedo se ogni tanto non ci pensino anche loro.
Tutte le persone che nella nostra vita se ne vanno, ti lasciano qualcosa. Chi più, chi meno. C'è chi riesce a farsene una ragione, alla fine tutti prendiamo strade diverse che a volte vanno in direzioni opposte ed andando avanti è inevitabile perdere qualcuno.
Io non sono mai riuscita a lasciare andare, non ho mai guardato avanti senza girarmi almeno un paio di volte. Non so se sia una cosa positiva o meno, ma credo che avere una memoria fotografica sia alla base di questo mio "problema".
Ci sono cassetti in quella parte della mia mente che mi piace aprire ogni tanto, fatti di lettere, rose essiccate, bigliettini, fotografie. Ogni volta che in treno, in aereo, a letto o mentre passeggio, per sbaglio ne apro uno, torno indietro nel tempo.
Spero che sia una cosa che può fare chiunque, non mi sono mai informata a riguardo, forse potrei chiedere in giro in effetti.
Lo sentite il calore di quel fuoco acceso? La coperta che ti abbraccia su quel divano, assieme ad un ragazzo con gli occhi scuri e il sorriso della tua vita? Quella pioggia di marzo e il buio alle diciassette dell'inverno che se ne va. Quel San Valentino, la sorpresa e quel regalo che a riceverlo ora probabilmente rideresti? Il cinismo che non c'era e la voglia di vivere ogni momento il più a lungo possibile.
Spesso, quando sono seduta in treno, o in aeroporto, osservo quella ragazza o quel ragazzo con il cuscino gonfiabile al collo, lo zaino e la coperta portata da casa. Mi chiedo se anche loro hanno avuto la fortuna di vivere emozioni intense come quelle che ho vissuto io. Mi chiedo se hanno sbagliato, come ho sbagliato io.
Mi chiedo se impareranno dai loro errori, come ho fatto io. Forse siamo tutti sulla stessa barca, ma tutti con una destinazione finale diversa.

Oggi in particolare riflettevo sulla singolarità delle relazioni e di come la gente riesca ad aggrapparsi alla loro idea di comodità fino a difenderla con le unghie e con i denti quando qualcuno minaccia di distrurbare la loro quiete, anche se questa quiete è solo fittizia.
Il concetto è piuttosto semplice, quello che noi crediamo ci renda felice non è altro che un illusione, la felicità non è fatta di persone, di case, di bambini, di oggetti o di luoghi. La felicità la creiamo dentro di noi, con gli attimi che riusciamo a goderci. Crescendo questi attimi passano più veloci ed apprezzarne l'essenza è sempre più difficile. Per questo i ricordi di felicità sono ciò che salva quegli inguaribili romantici come me, negli attimi in cui la spensieratezza viene meno.

E allora oggi penso a quella frase che per qualche strano e facilmente spiegabile motivo, mi da un sacco di gioia: "Una leggenda narra che se non riesci a dormire la notte è perché sei sveglio nel sogno di qualcun altro, e adesso so perché non dormo"

xx,
Sharon

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