SHARON FERRARI

Perchè siamo così dipendenti dai social?

Questa sera, mentre facevo una delle mie solite ricerche di marketing su vari profili social, ho avuto una rivelazione. Pensavo al tempo, che finalmente sembra essermi amico e io sembro ricambiare avendo capito come usarlo al meglio.
Mi sono chiesta quanto tempo buttiamo tutti i giorni a “scrollare” la home di Facebook senza sapere effettivamente cosa stiamo cercando.
Mi ricorda sempre un po’ la fame delle 3 di pomeriggio d’estate quando apri il frigo cercando qualcosa di buono ma ci sono solo degli yoghurt dai gusti improbabili, gnocchi immangiabili di una strana sottomarca e qualche limone che ha passato il suo tempo. Apriamo il frigo sperando di trovarci qualcosa di buono, ma l’unica cosa positiva che troviamo è l’aria fresca che ci da quel minuto di piacere. Appena il frigo si chiude, non rimane nulla se non la delusione. Lo stesso ragionamento vale per Instagram e i suoi milioni di foto e video, che sembriamo voler mostrare al mondo come per voler far sapere che abbiamo effettivamente una vita soddisfacente. Ma perché lo facciamo? Perché ne sentiamo il bisogno?

Se devo essere sincera i social non mi sono mai piaciuti, ma li uso e sembro non poterne fare a meno. Facebook mi piaceva per le discussioni interessanti che ogni tanto riuscivo ad avere e Instagram è diventato l’unico posto in cui ho condiviso le foto che sembravano andare bene secondo i canoni che mi sono prestabilita.
I lati negativi dei social a mio parere superano quelli positivi.
Certo, bellissimo poter vedere posti sparsi in giro per il mondo, bellissimo poter pianificare le vacanze o i viaggi di un weekend per andare a vedere quella grotta fighissima che hai visto su Instagram. Bello tenersi in contatto con amici che vivono lontani e poter vedere cosa fanno. Certo, bello anche sapere che impegnandosi con i social ci si può lavorare ed hanno creato milioni di posti di lavoro rendendo il marketing accessibile a tutti.
Ma ai contro ci si pensa? I luoghi che diventano super affollati grazie a quelle foto su Instagram, i bar che chiedono $10 per entrare e farsi una foto dal loro balcone con vista sulla piazza di Praga. Gli amici a cui non scriviamo più perché tanto sappiamo cosa stanno facendo, lo vediamo sui social. Bello anche lavorarci ma a quelli che lo sognano, si impegnano ma non ci arriveranno mai, chi va a dirglielo? Non c’è mica un colloquio per diventare Influencer, e il tempo buttato non torna. E i complessi che ci facciamo venire perché ci bombardiamo di perfezione, di ragazze con i vestiti svolazzanti tra i campi di lavanda, i tipi sulle barche in Thailandia con l’acqua cristallina e il fisico asciutto? E tutte le storie che postiamo, tutti i filtri che usiamo e tutte le foto alle cose che mangiamo. Tutto il tempo buttato per qualcosa che dura 24 ore, e poi non vede più nessuno. Mi chiedo tante cose e ad altrettante non trovo risposta. Mi rattristo a volte pensando che non c’è una soluzione. Vorrei tanto avere un manuale di istruzioni su come usare internet nel modo più utile possibile.

Riflettevo al mio modo di usare i social ed ho capito che online non sono chi voglio essere al 100%, perché continuo a rimettermi in questo box che mi sono creata in cui vanno bene solo un certo tipo di foto, un certo tipo di contenuti con un certo tipo di hashtags, per ottenerci qualcosa.
Il mio obiettivo principale è quello di lavorare in proprio, e per questo i social giocando un ruolo fondamentale. Quello che però non avevo mai considerato è che non deve essere necessariamente qualcosa di legato ad essi. Ci sono mille altre cose che amo fare di più che pubblicare foto per farmi piacere dagli altri.
Adoro alcune parti dei social, ed una di queste è appunto la parte “social”. Ho conosciuto ed incontrato tante persone incredibili negli anni grazie ad essi, mi ci sono tenuta in contatto, li ho seguiti nei loro viaggi ed ho amato poter vedere in diretta cosa facevano, perché in genere, seguo persone interessanti. Il problema è che non ci ho guadagnato nient’altro, o meglio non abbastanza per il tempo che ci ho speso.

Credo che questa rivelazione sia giunta dopo aver capito il vero valore del tempo. Prima ne sprecavo più di quello che usavo. Ho passato giorni interi senza alzare un dito, senza leggere, senza scrivere, senza muovermi.

Ricordo due anni fa quando il mio vecchio account che ho poi cancellato, aveva superato i 10’000 followers, mi ritrovavo sempre a pensare a dove sarei potuta andare per fare una bella foto da pubblicare, a come mi sarei potuta vestire e a cosa avrebbe attirato più attenzione. Ma per quale motivo? Per la visibilità.
Ho notato che nella vita reale, le cose funzionano esattamente come nei social. In genere le persone non sono realmente interessate a quello che hai da dire a meno che prima non ascolti quello che dicono loro, e a volte la voglia di parlare e dire la propria, supera quella dell’ascoltare. Mi chiedo perché non sono ancora riuscita a fregarmene come fanno le persone che postano foto dei fiori scattate male, del proprio cane, di loro stessi di fronte ad un monumento che nessuno ha mai visto o di quello che mangiano. Queste persone fanno esattamente quello che amano fare e cioè vivere la propria vita e pubblicare tutto quello che gli pare fregandosene della perfezione. Quindi la domanda che mi pongo è: “Perché siamo così ossessionati dall’essere riconosciuti? Perché vogliamo le attenzioni degli altri? Perché non riusciamo a fregarcene come chi pubblica le foto dei fiori scattate male?

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