SHARON FERRARI

Poter scegliere

In una situazione così surreale non posso fare altro che arrendermi dinnanzi alla mia impotenza. Ho pensato che continuare a cercare una soluzione o una spiegazione, mi avrebbe dato pace.
Alla fine muovermi è quello che faccio anche se ci ho messo un po' a capirlo.
Viaggiare nutre la mia curiosità, e senza qualcosa di nuovo, mi sento persa. Tutte le mie credenze e le mie fondamenta iniziano a vacillare.
"Se non viaggio, che cosa so fare?"
Sembra una conclusione assurda, ma mi ci sono sempre appesa, forse per non pensare a cosa sarebbe successo se avessi smesso di farlo.

Invece da due settimane sono ferma, a casa. E per assurdo non posso nemmeno andare a passeggiare, come altri milioni di persone. La cosa però non mi rasserena e non mi da nessun tipo di consolazione.
Guardavo oggi le immagini delle acque limpide dei canali di Venezia, le foto dei delfini che sono tornati sulle coste, i pesci che si sono riappropriati dei fondali, le scimmie che in Asia sono tornate in posti dove non venivano viste da molto tempo e devo dire che questa è stata una bella consolazione.

Non voglio soffermarmi a parlare del mio pensiero sul COVID-19, che molti non vedrebbero di buon occhio. Voglio invece parlare della libertà che ci è stata tolta da un giorno all'altro.
Mi sono ripromessa di non aprire più Facebook, perchè mi sento debole di cuore di fronte a certe affermazioni scritte così facilmente da chi la libertà non l'ha mai assaporata.
Sentirsi liberi non si limita al poter uscire di casa o farsi la passeggiata della domenica. Non significa neanche prendere un aereo per andare in capo al mondo. Significa poter scegliere. Significa decidere cosa fare, quando farlo e farlo senza rimorsi.


Mi rattrista vedere la gente che si accanisce contro chi ha bisogno di andare a correre il pomeriggio da solo o chi decide di farsi una passeggiata al sole. Chiedere a 60 milioni di Italiani di stare chiusi in casa per il bene di persone che non sono i loro parenti non è semplice e non dovrebbe essere visto come un gesto che la gente fa in automatico, per il bene collettivo, se quel bene non è mai stato insegnato prima.
In Italia il bene degli altri viene dopo il proprio. Il portafoglio del tizio che lo ha perso, non va subito in Caserma, e se ci arriva, non è detto che ci arrivi intoccato. Quella volta che ci arriva, va festeggiata.
Non è una cosa che dico con leggerezza, perchè un esame di coscenza me lo sono fatto tante volte e non era pulita come speravo fosse. Vivere in Australia mi ha aiutato a capire che il bene collettivo non è automatico, soprattutto se non ti viene dato il buon esempio.

Come possiamo quindi aspettarci che tutti rispettino le regole? E non parlo di chi va a correre, di chi passeggia o di chi va al supermercato due volte al giorno per uscire di casa. Parlo di chi passa la giornata a rimproverare gli altri che scelgono cosa fare della loro vita. Parlo della gente ai balconi che si sente in diritto di richiamare chi passeggia, anche quando non è espressamente vietato. Parlo del tizio che a passeggio filma la squadra di rugby che corre a 2mt l'uno dall'altro.
Parlo della fiducia collettiva che manca, parlo delle persone che si sfogano sugli altri solo ed esclusivamente governati dalla paura, perchè la regola più importante, è quella di essere civili.

Potrebbe nascere l'obiezione solo nel momento in cui chi va a correre si mettesse a chiacchierare con i passanti o a starnutire addosso a chi incontra. E se quella persona dovesse cadere e finire in ospedale?
Quindi tu che vai a fare la spesa in macchina un incidente non lo puoi fare? Non potrebbe caderti la porta del frigo dei surgelati addosso al supermercato?


Capisco che non tutti la possano pensare come me, capisco che mi venga detto che i rischi non sono gli stessi, capisco che siamo un popolo socievole e passeggiata fa rima con chiacchierata ma la facilità con cui si pretende che un popolo si fermi anche quando si sa che alcuni non si rialzeranno, è ridicola.

Io posso permettermi di fare una riflessione così, senza metterci emozioni, semplicemente perchè non ho un lavoro fisso, al momento non ho una casa e non ho nessuno a cui badare. Ho la mia famiglia, ma non siamo in una fascia a rischio, tranne mia madre e i miei nonni che forse con qualche patologia pre-esistente potrebbero ricadere nella categoria.

Il mio pensiero però, anche se un po' perso per strada, voleva sottolineare l'importanza della libertà.
Ritengo che poter scegliere cosa fare della propria vita sia essenziale. Il ragionamento che implica che le persone non sono in grado di scegliere, non regge.
Sappiamo tutti cosa dobbiamo fare, ma spinti da una società che piuttosto che insegnarci ad usare il cucchiaio ci imbocca, a volte questa capacità viene meno.


In un mondo in cui tutti possono scegliere, siamo quello che dobbiamo essere e non quello che ci vogliono far diventare.
Di questo scenario accetto anche il peggio.

Per questo smetto di pensare e accetto che la mia realtà adesso è questa. Accetto che per molte altre settimane non potrò uscire e viaggiare.
Una cosa però è certa, quel giorno in cui potrò tornare a fare quello che amo, nonostante non avessi bisogno di un epidemia per ricordarmelo, sarà un giorno proprio speciale. Quel primo caffè al bar, quel viaggio in treno per andare a trovare le persone che mi mancano circondata da chi farà la stessa cosa, quella corsa, quel tramonto sulle montagne, tutto avrà un sapore che conosco benissimo e che mi emoziona sempre: la libertà.

With love,
xx Sharon

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